Contemporaneamente, il fondamento del potere marittimo della Repubblica viene eletto a sito dei primi programmi pubblici di un'"acerba rinascenza architettonica".
L'arsenale, che ancora per la maggior parte del XV secolo aveva ubbidito a scopi più pratici che figurativi, diviene infine un luogo monumentale, riqualificato anche
al fine di celebrare un passato, di cristallizzare la già passata potenza in "riputazion" spendibile diplomaticamente in un mondo che diventa troppo grande, proiettarlo sul presente.
E' in atto il processo di erosione del primato di Venezia sul mar Mediterraneo, la Repubblica perde tante tra le sue basi marittime e "colonie" d'Oltremare (Morea,
Negroponte, Cipro), e l'arsenale si dota di nuove grandi strutture (le nuove darsene) e di costruzioni che sono spesso anche architettonicamente straordinarie (le corderie)
e si popola progressivamente di monumenti. Mentre la repubblica, quindi, perde in potenza, e si dota di strutture cantieristiche e militari per adattarsi alle nuove circostanze
economiche ed alle nuove esigenze della guerra, l'architettura e l'arte decorativa trasformano quelle stesse strutture in una manifestazione di potenza per persuadere il mondo,
tramite centinaia di colonne di pietra d'Istria, di porte trionfali, di processioni di bugnati, di teorie di archie e capriate che Venezia è ancora, regina: "quasi altera Byzantium",
nella cosiddetta porta dei leoni.
D'altra parte, Venezia, nell'età del ridimensionamento e del contenimento, di fronte all'irrompere nella storia delle nuove potenze atlantiche e mediterranee, praticò consapevolmente
un' "automitizzazione superba", una manipolazione ideologica che ne risemantizzò l' "immagine": essa sarà davvero, nel '500, Venezia regina, "la città che più significa, che più
produce immagini di sé e le fa circolare". Gli stessi veneziani creano e divulgano, tramite scritti politici e storici, organizzando rituali civili e redigendo vere e proprie guide della città,
temi e miti, immagini e percorsi che condizionano, insieme ai quadri istituzionali, psicologici e sociali, lo sguardo dei viaggiatori e degli osservatori politici. La "città singolare
e nobilissima" di Francesco Sansovino, è davvero il "prodotto" di queste strategie retoriche fondate "sulla condensazione" :vera e propria epitome potenziata della forma urbana,
Venezia, soprattutto perchè capace di cambiare all'interno di un quadro urbanistico conservatore e perché, appunto, ripropone in un territorio ristretto ciò che altrove è distribuito
su spazi ampi o amplissimi, inglobando a sua volta, come scrisse lo stesso autore di Venetia città singolare et nobilissima, "una piccola città" quale il fondaco dei turchi, o
addirittura, un "piccolo mondo" come l'arsenale, microcosmo nel microcosmo.
In realtà, L'arsenale era stato collocato tra i soggetti centrali del mito autocelebrativo della città-repubblica già all'indomani del suo consolidamento funzionale ed organizzativo tardo trecentesco.
Però, se l'immaginario poetico dantesco era stato ancora attratto dalle funzioni prettamente cantieristiche, nei secoli successivi, attraverso le processioni, le visite e i racconti dei visitatori stranieri,
l'arsenale, da una parte, viene utilizzato per elaborare retoricamente il ruolo della Repubblica rispetto al teatro politicoe bellico europeo ed adriatico per rappresentarele capacità tecnico-organizzative
del cantiere statale come unità di deposito e costruzione navale militare specializzata , dall'altra è eletto contemporaneamente a simbolo del "buon governo" e della coesione civica
e sociale veneziani.
D'altra parte se il Sansovino fu tra i formalizzatori del cerimoniale di accoglienza dei principi stranieri a Venezia anche attraverso, il terzo giorno, la visita dei cantieri pubblici, un altro dei maggiori
mitografi veneziani, Marin Sanudo il giovane, li aveva lodati "come parte ammiranda" con ogni buona ragione da tutti i principi del mondo: per le mille e mille meraviglie dell'ingegno
e dell'organizzazione che contiene, ma anche perché esso costituisce un antemurale. Venezia, già "italie columen" e "obstaculo a' barbari" è città che - lo si diceva all'inizio - "non muraglie
niuna [...], né porte che la notte si serrano, né si fa custodia come le altre città" :essa, e con essa la stessa "libertà christiana, tante volte minacciata da gli infedeli", oltre che dall'acqua stessa,
è però fieramente garantita da quel "gran circuito de XX stadij situato in la contrà di San Martino, con muraglie attorno bellissime" che si chiama arsenale.
Un'inviolabilità, quella evocata da Sansovino, che perdura nella percezione dei contemporanei, e che alcuni progetti di riqualificazione architettonica dell'arsenale hanno proposto di rielaborare,
aprendo un arco in luogo del pertugio attraverso il quale ora transitano i mezzi dell'ACTV. Il suo varco, invece, su quelle mura, la loro riqualificazione - rispetto almeno alla propria identità -,
l'associazione di arrampicata sportiva "Venezia verticale" l'ha già praticato.
Filippo Maria Paladini