GENESI VENEZIA VERTICALE

La genesi dell’associazione sportiva Venezia Verticale.


Molti anni fa, nel 1990…………., si potrebbe dire nella notte dei tempi, quando arrampicavamo da Arturo, il papà di Giacomo (altro socio fondatore) presso il patronato di S. Eufemia, (nell’isola della Giudecca) nacque l’idea di far nascere una parete indoor nel centro storico veneziano.
Gli ideatori di tale progetto erano oltre a me, Sabina, la mia ineguagliabile moglie e Mauro, uno dai più grandi arrampicatori cui Venezia abbia dato i Natali.
Alla fine dei nostri allenamenti ci lamentavamo sempre poiché vedevamo in tutta Italia  nascere le prime strutture artificiali, mentre noi stringevamo la terracotta tra le mani.
Da Arturo si davano appuntamento un po’ tutti gli arrampicatori e gli alpinisti veneziani, con le loro prerogative e le più variegate aspirazioni.
Si arrampicava mettendo le dita negli interstizi dei muri dove la salsedine e il tempo avevano corroso la malta.
Aspettavamo sempre che qualche nuova breccia fiorisse dai muri della vecchia stalla del convento attiguo alla chiesa di S. Eufemia per poter allungare le vie di qualche metro.
Così restammo per alcuni anni, senza arte e ne parte, vagabondi tra le strutture d’arrampicata indoor di Spinea, Padova e Treviso, e se Giove Pluvio e gli impegni di lavoro lo permettevano ci lanciavamo immediatamente nelle più vicine falesie di Rocca Pendice,  Lumignano o del Brojon.
Disperatamente sempre alla continua ricerca di uno spazio per allenarci a secco, ci iscrivemmo alla a. s. Bucintoro, che ci poteva offrire una vastissima gamma di macchine per la muscolazione, accompagnate dai fondamentali remoergometro e pagaiaergometro, dove io e Mauro sfidavamo i possenti canottieri.
L’andare e venire in questi immensi ex Magazzini del Sale ci fece balenare l’idea di costruire presso quello che ospitava la palestra di muscolazione, un muro d’arrampicata che conciliasse anche le esigenze del C.A.I. di Venezia per aver una corposa affluenza.
Giustamente dovevamo rendere appetibile tale progetto per una società di voga, ma tutto naufragò, poiché le attività erano troppo divergenti e occorreva un salto di qualità sia da parte della Bucintoro (come corpo sociale, non come dirigenti) sia da parte nostra per accettare alcune limitazioni d’uso nelle rispettive attività.
Come succede molto spesso, il destino plasma il continuo fluire degli eventi e come perdemmo una possibile parete trovammo un’altra possibilità, con una ubicazione ben determinata.
Nel lontano 1995 in un freddissimo novembre si concludeva la lunga gestazione dell’a. s.  Venezia Verticale.
Un gruppo di amici in perfetto stile anglosassone, davanti ad una energetica birra nera, dopo duri allenamenti decidevano non senza qualche perplessità di costituire la prima società di arrampicata sportiva nel centro storico veneziano.
Devo proprio riconoscere che senza Arturo forse non ci sarebbe scattata la molla per una struttura d’arrampicata indoor a Venezia, lui ci ha insegnato la tenacia per i lavori di manutenzione e di tracciatura delle vie.
Dico costruire, poiché eravamo un gruppo di atleti e di ex atleti, senza alcuna nozione di dirigenza sportiva e di rapporti con la pubblica amministrazione, cosa basilare per avviare un giusto progetto di politica sportiva.
Un atleta o un ex atleta solitamente, hanno difficoltà a concepire una società sportiva come luogo    in cui convivono Beat Kamerlander e Luciano Pavarotti, e soccombono spesso alla tentazione di dar vita ad  un qualcosa che assomiglia più che altro alla loro passione  e non ad un ente che deve promuovere lo sport e la pratica sportiva a tutti i livelli.
Quindi ben sapendo questo, ed essendo già avviato per problemi fisici al tramonto nelle grandi  performance in falesia, incominciai fin da subito a concimare un campo di gramigna (nel senso buono)  di ultra agonisti, che in verità non avevano nessuna intenzione di proporsi alla cittadinanza veneziana, poiché troppo impegnati nella valutazione dei massimali, e nello studio della perfetta pliometria al pan Gullich, atleti cioè a tempo quasi pieno.
Che strana sensazione lasciare tutto quello che più ti piaceva, ma che soprattutto ti soddisfaceva (la pratica sportiva), ed addentrarti con scarsa predisposizione alla scoperta del tuo essere dirigente. Feci grande fatica, ad accettare da tutti  i compagni di avventura l’investitura da presidente, ma soprattutto da omni responsabile della nostra a. s.
Mi aiutò a fasi alterne l’atipico dott. Cristiano, troppo intento ad ascoltare lo splendido richiamo delle sirene che lo facevano desiderare, anzi impazzire, per la  falesia, la nostra unica e  vera Amante (darei qualche oncia di me per ritornare a buoni livelli nell’agone del mono tiro!).
Mi ridussi non so per quanto tempo a spremermi le meningi per capire cosa volesse la pubblica amministrazione per poter gestire la struttura d’arrampicata sportiva.
Il Cri e i suoi amici trentini nel frattempo (uno splendido gruppo di laureati/laureandi in architettura montanari) avevano progettato, saccheggiando i parametri  delle commissioni tecniche della Federazione e le più innovative informazioni progettuali che  carpivamo dai più preparati costruttori il miglior progetto possibile per la prima parete sintetica  a Venezia!
Ora avevamo un progetto “da corsa” da fornire all’Assessorato ai Lavori Pubblici e allo Sport.
Il Cri era arrivato da Torino poco tempo prima, e aveva portato in preziosa dote una incredibile serie di nozioni tecniche d’avanguardia (Torino è stata una delle culle dell’arrampicata sportiva Italiana e la si sono formati i primi tecnici nazionali). Ma cosa strabiliante aveva un paneo a casa sua, dove ci invitava a provare i famosi circuiti di Giannino, altra figura fondamentale per la crescita della nostra a. s..
Il Cri e il Giannino si erano conosciuti da Marzio al Bside, (non pongo nessun cognome poiché di Marzio nell’arrampicata in Italia ce ne solo uno, anzi spero due , perché il secondo è mio figlio). Dando lode alla mamma e alla nonna del Cri che ci hanno sempre accolto nel loro palazzo/palestra, arrivò anche il tempo di un drastico sloggio della ormai nostra struttura d’arrampicata.
Così approdammo devastati dalla necessità di prepararci adeguatamente ai corsi per istruttore societario nazionale nella soffitta della casa del papà di Giacomo ai Beni Stabili della Giudecca.
Un buco infernale di pochissimi metri quadri che avrebbe scoraggiato tutti fuorché noi pazzi scatenati, in estate alla sera almeno 1000 gradi  ti accoglievano e  50 kg di acari ben nutriti ti aspettavano per devastarti il sistema immunitario.   In inverno invece ci accoglieva un gelo estremo e sempre i soliti acari che aspettavano solo il primo inevitabile starnuto per darti la stoccata finale. Insomma tutti gli elementi lavoravano indefessamente per procurarci una sostanziosa, fatale crisi respiratoria.
Ma la fiamma della nostra volontà distruggeva costantemente tutte le nostre avversità, ci nutrivamo e ancora ci nutriamo dell’ambrosia divina che viene dal sogno (che poeta!).
Era il 1996/7 con l’allora Assessore allo Sport A. Mingatti ci trovammo a fasi alterne in piena sintonia, ciò ci permise di aumentare la superficie arrampicabile dai 120 ai 170 mq tutt’ora disponibili a parole, ma non nei fatti.
Nel frattempo si erano uniti a noi, una delle prime figure femminili nel mondo dell’arrampicata (mondo che ha nel maschile purtroppo una costante maggiore presenza)  dei giudici nazionali F.A.S.I.. Marina Dalus di Cortina D’Ampezzo e il suo inseparabile compagno, il grandissimo, non lo si spreca proprio questo aggettivo, istruttore, tracciatore internazionale Mario Dimai.
Non mi basterebbero 3-4 cartelle per farvi capire chi erano e cosa rappresentavano  per noi e per l’arrampicata nazionale e internazionale questa splendida coppia, che se usata in tutto il suo potenziale avrebbe fatto decollare l’arrampicata sportiva a Venezia.
Per Mario posso solo proporvi un esempio: Mario sta alla  arrampicata sportiva come il prof. Vittori, allenatore e fondatore delle nuove metodologie per l’allenamento nella velocità (vedi Mennea, Pavoni, Tilli) sta all’atletica leggera.  Un precursore, una persona che se anche senza supporti tecnici e senza strutture ha lavorato duro, non solo per lui ma per l’arrampicata in generale. Purtroppo il sito archeologico trovato durante gli scavi per la costruzione dell’impianto di S. Alvise posticipò di almeno tre anni l’apertura  e noi nel frattempo sempre più calati nel ruolo di gestori dell’impianto d’arrampicata sportiva, ci vedevamo scivolar via questi due mostri sacri per l’inattività sportiva cui eravamo costretti.
Poiché loro avevano accettato unicamente di unirsi a noi solo per produrre almeno due o tre volte all’anno grosse manifestazioni agonistiche, essendo loro tecnici federali e quindi obbligati per mantenere le qualifiche a gestire gare ufficiali, scelsero altri lidi, e così perdemmo due pezzi da novanta!!!!!!.
Nel frattempo avevamo partecipato alle ultime edizioni dell’ExpoSport a Venezia producendo una aspettativa nella giovane popolazione senza pari.
Solo un anno prima dell’apertura al pubblico incominciammo a relazionarci con il mondo scolastico, io ed Enrico il perenne e granitico segretario, inviammo a tutte le scuole di ogni ordine e grado del centro storico i nostri programmi.
Aiutati dallo Speranda entrammo per la prima volta in stretto rapporto con la prima prof. di ed. fis., la simpaticissima Stefania, che ruppe quell’invisibile diaframma che ci divideva dal mondo scolastico, lo sport estremo!!!!!!!!!!!!!!
Con lei facemmo uno stage per alcune classi della Scuola Media F. Morosini, con il minimo della attrezzatura disponibile, ma con la convinzione di trasmettere quel positivo impulso ad altri ragazzi ormai arcistufi del solito pallone, calciato, lanciato, ecc…….. La risposta fu così travolgente che programmammo subito di inserire due nostri collaboratori per il corso istruttori presso la nostra federazione per arrivare all’apertura della struttura in perfetta regola con le norme vigenti sull’utilizzo degli spazi comunali/quartierali da parte di una a. s. che non solo vuole esser in linea con le normative vigenti ma voleva programmare per tempo e con serietà la strada da percorrere. Nell’immediata apertura operammo in collaborazione con il C.O.N.I. Provinciale di Venezia, con l’Assessore allo Sport A. Mingatti, e con il coordinatore dei professori di educazione fisica della Provincia di Venezia prof. U. Blason, e alla prima tavola rotonda/presentazione del progetto che la nostra a. s . proponeva al mondo scolastico, venne anche invitato il responsabile del Settore Promozionale Scuola della F.A.S.I. prof. G. Ranzato.
Da quella conferenza/presentazione partì sistematicamente il nostro rapporto con la scuola, forti della prima splendida riuscita dei corsi in collaborazione con la prof. Stefania.
Voglio qui ricordare con piacere i primi istruttori che diedero il via ai nostri primi corsi: Lucia, Enrico, Luca e il Cri.

La genesi della a. s. Venezia Verticale vi è stata raccontata omettendo volontariamente le parti più tristi per non peggiorare il già difficile momento attuale, e ora, ai giorni nostri, ci ritroviamo carichi di gloria sportiva, e  purtroppo di tradite aspettative, ma questa è la nostra realtà e va raccontata e descritta con dovizia di particolari, perché per noi il lettore non deve solo capire cosa sta succedendo, ma deve formarsi anche quelle capacità di analisi della odierna politica per lo sport a Venezia.

Giovedì 30 Maggio resterà per la nostra a. s. una data memorabile, poiché i tecnici dell’Assessorato ai Lavori Pubblici di Venezia, mi hanno convocato presso l’impianto da noi gestito per pianificare il primo stralcio dell’ampliamento che ormai chiediamo da sei lunghissimi anni. Devo dir la verità non mi pareva vero esser convocato insieme ad una ditta specializzata nella costruzione di palestre d’arrampicata sportiva indoor, mi pareva di viaggiare in un sogno, ero completamente sbalestrato. Ma ritornando alla realtà, i sogni come al solito vanno pianificati e per raggiungere e coronare anche parzialmente un sogno bisogna crederci, lavorare, ostinatamente progettare e riprogettare, riflettere, aver l’umiltà di capire i propri sbagli, aver voglia di imparare da chi è più bravo, o da chi è più esperto, anche se non ti è simpatico.
Ho sempre pensato che il lavoro paga, che l’onestà paga, che la voglia di migliorare e di migliorarsi pagano, che un sano ottimismo paghi e che il rispetto per gli altri sia cosa fondamentale per una serena convivenza, queste sono le principali direttive della nostra a. s., che ci hanno sempre contraddistinto, poi tutto il resto viene e verrà a ruota, perché per il mio modesto punto di vista, sono le fondamenta su cui una a. s. deve lavorare.
Se non avessimo avuto queste forti fondamenta la nostra a. s. ,si sarebbe ben presto sgretolata sotto i colpi delle mancate promesse che hanno contraddistinto fino ad ieri la nostra storia sportiva e avremmo dato luogo ad uno dei più clamorosi flop della storia dell’arrampicata sportiva italiana. Forti di questi ideali, abbiamo sorpassato montagne impervie, infide paludi, continui agguati nel fitto della boscaglia, per poi approdare a questo primo stralcio di ampliamento, ma certamente non ci fermeremo qua, perché abbiamo ambiziosi progetti per il nostro futuro e la voglia di onorare l’arrampicata sportiva è ancora tanta.
Ma qui entra in scena chi ha dato il via ai lavori e chi è stato costantemente indifferente alla definizione del progetto che doveva dividere la struttura dell’arrampicata dal bocciodromo e a tale riguardo ringrazio l’ing. Marco Buranelli per la sua estrema competenza.
Non posso non menzionare anche chi ha dato il via ai lavori, poiché se non ci fosse stata l’opportuna mediazione del nostro Vice Sindaco nonché Assessore allo Sport di Venezia Michele Mognato, l’ampliamento sopra menzionato veramente non avrebbe avuto luogo in nessun modo. Quindi un sincero grazie, al primo Assessore che ha lavorato e cercato di risolvere in parte i problemi dell’impiantistica sportiva per questo bellissimo sport.
Comunque non possiamo dimenticare questi funesti sei lunghi anni di buia agonia, infarcita quotidianamente dai continui soprusi e dalle continue villanie che i frequentanti del bocciodromo di S. Alvise ci hanno fatto passare.

Dovremo certamente trovare i modi per addivenire ad una competizione Nazionale per inaugurare la sezione boulder, che se sarà rispettata nel progetto predisposto dal mitico Fabiez, potrà diventare una delle strutture più belle e articolate del Veneto. Ancora un vivo ringraziamento alla Pubblica Amministrazione di Venezia che sta giustamente capitalizzando una Associazione Sportiva in continua espansione.

La memoria storica dell’associazione sportiva Venezia Verticale.
Paolo e Sabina.